BOLLA PAOLO IV |
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IL DOCUMENTO
Qui di seguito è pubblicata integralmente (per la prima volta in
lingua italiana), la Costituzione Apostolica emanata in forma Bullae “Cum ex
Apostolatus officio” il 15 marzo 1559. La traduzione della Bolla, a causa della grand’estensione dei
periodi nell’originale in lingua latina, è parsa opera difficile, perciò
certe traduzioni pubblicate in altre riviste appaiono scorrette. La causa di
tale infedeltà è dovuta non solo alla tendenziosità di certi traduttori che
distorsero il senso originale a favore di opinioni opposte, ma alla
difficoltà di certi periodi latini, molto lunghi e di forme verbali assai
complicate. Il testo in lingua latina è tratto dal “Bullarium Romanum”
edizione tipica pubblicata a Torino nel 1860. Paolo, Vescovo, Servo
dei servi di Dio “Ad perpetuam rei memoriam”
Esordio : Impedire il Magistero dell’errore Poiché, a causa della carica
d’Apostolato affidataci da Dio, benché con meriti non condicevoli, incombe su
di noi il dovere d’avere cura generale del gregge del Signore. E siccome per
questo motivo, siamo tenuti a vigilare assiduamente per la custodia fedele e
per la sua salvifica direzione e diligentemente provvedere come vigilante
Pastore, a che siano respinti dall’ovile di Cristo coloro i quali, in questi
nostri tempi, indottivi dai loro peccati, poggiandosi oltre il lecito nella
propria prudenza, insorgono contro la disciplina della vera ortodossia e
pervertendo il modo di comprendere le Sacre Scritture, per mezzo di fittizie
invenzioni, tentano di scindere l’unità della Chiesa Cattolica e la tunica
inconsutile del Signore, ed affinché non possano continuare nel magistero
dell’errore coloro che hanno sdegnato di essere discepoli della verità. 1 -
Finalità della Costituzione: Allontanare
i lupi dal gregge di Cristo. Noi, riteniamo che una
siffatta materia sia talmente grave e pericolosa che lo stesso Romano Pontefice,
il quale agisce in terra quale Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo
ed ha avuto piena potestà su tutti i popoli ed i regni, e tutti giudica senza
che da nessuno possa essere giudicato, qualora sia riconosciuto deviato dalla
fede possa essere redarguito (possit a fide devius, redargui), e che quanto
maggiore è il pericolo, tanto più diligentemente ed in modo completo si deve
provvedere, con lo scopo d’impedire che dei falsi profeti o altre persone
investite di giurisdizione secolare possano miserevolmente irretire le anime
semplici e trascinare con sé alla perdizione ed alla morte eterna
innumerevoli popoli, affidati alle loro cure e governo per le necessità
spirituali o temporali; né accada in alcun tempo di vedere nel luogo santo
l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, desiderosi come
siamo, per quanto ci è possibile con l’aiuto di Dio e come c’impone il nostro
dovere di Pastore, di catturare le volpi indaffarate a distruggere la vigna
del Signore e di tener lontani i lupi dagli ovili, per non apparire come cani
muti che non hanno voglia di abbaiare, per non subire la condanna dei cattivi
agricoltori o essere assimilati al mercenario. 2 -
Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici. Dopo approfondito esame di
tale questione con i nostri venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana
Chiesa, con il loro parere ed unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità,
approviamo e rinnoviamo tutte e ciascuna, le sentenze, censure e pene di
scomunica, sospensione, interdizione e privazione, in qualsiasi modo
proferite e promulgate contro gli eretici e gli scismatici da qualsiasi dei
Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti in nome loro, comprese le
loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri concili ricevute dalla Chiesa
di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei sacri canoni, o dalle
Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e decretiamo che essi
siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro vigente osservanza ove
essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti; inoltre che incorrano
nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che siano stati, fino ad
ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati convinti o di aver
deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od incorsi in uno
scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato (uniuscuiusque
status), grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se
episcopale (etiam episcopali), arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore
dignità (aut alia maiori dignitate ecclesiastica) quale l’onore del
cardinalato o l’incarico (munus) della legazione della Sede Apostolica in
qualsiasi luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con
l’autorità e l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la
marchionale, la ducale, la regia o imperiale. 3 -
Sulle pene da imporre alla gerarchia deviata
dalla fede. Legge e definizione dottrinale:
privazione «ipso facto» delle
cariche ecclesiastiche. Considerando non di meno che,
coloro i quali non si astengono dal male per amore della virtù, meritano di
essere distolti per timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi,
patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed
imperatori, i quali debbono istruire gli altri e dare loro il buon esempio
per conservarli nella fede cattolica, prevaricando peccano più gravemente
degli altri in quanto dannano non solo se stessi, ma trascinano con se alla
perdizione nell’abisso della morte altri innumerevoli popoli affidati alla
loro cura o governo, o in altro modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso
ed assenso (dei cardinali) con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (perpetuum
valitura), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro
può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà (de Apostolica potestatis
plenitudine), sanzioniamo, stabiliamo,
decretiamo e definiamo (et definimus), che permangano nella loro forza ed
efficacia le predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti,
per tutti e ciascuno (omnes et singuli) dei vescovi, arcivescovi, patriarchi,
primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori
i quali, come prima è stato stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul
fatto, o abbiano confessato o ne siano stati convinti per aver deviato dalla
fede o siano caduti in eresia o siano incorsi in uno scisma per averlo
promosso o commesso, oppure quelli che nel futuro, siano colti sul fatto per
aver deviato dalla fede o per esser caduti in eresia o incorsi in uno scisma,
per averlo suscitato o commesso, tanto se lo confesseranno come se ne saranno
stati convinti, poiché tali crimini li rendono più inescusabili degli altri,
oltre le sentenze, censure e pene suddette, essi siano anche (sint etiam), per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di alcuna altra procedura
di diritto o di fatto, (absque aliquo iuris aut facti ministerio) interamente e totalmente privati in
perpetuo (penitus et in totum perpetuo privati) dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche
metropolitane, patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di
ogni incarico di Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni
autorità, nonché‚ di monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici (et officiis
ecclesiasticis) con o senza cura di anime, siano essi secolari o regolari di
qualunque ordine che avessero ottenuto per qualsiasi concessione o dispensa
Apostolica, o altre come titolari, commendatari, amministratori od in
qualunque altra maniera e nei quali beneficiassero di qualche diritto,
benché‚ saranno parimenti privati di tutti i frutti, rendite e proventi
annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee, baronie, marchesati,
ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno considerati come
inabili ed incapaci (inhabiles et incapaces) a tali funzioni come dei relapsi
e dei sovversivi in tutto e per tutto (in omnibus et per omnia), per cui, anche se prima abiurassero in pubblico
giudizio tali eresie, mai ed in nessun momento potranno essere restituiti,
rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato nelle chiese
cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del
Cardinalato od in qualsiasi altra
dignità maggiore o minore, (aut quamvis aliam maiorem vel minorem
dignitatem) nella loro voce attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro
monasteri e benefici ossia nella loro contea, baronia, marchesato, ducato,
regno ed impero; al contrario, siano abbandonati all’arbitrio del potere
secolare che rivendichi il diritto di punirli, a meno che mostrando i segni
di un vero pentimento ed i frutti di una dovuta penitenza, per la benignità e
la clemenza della stessa Sede, non siano relegati in qualche monastero od
altro luogo soggetto a regola per darsi a perpetua penitenza con il pane del
dolore e l’acqua dell’afflizione. Essi saranno considerati come
tali (relapsi e sovversivi) da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e
preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale,
patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia,
ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come
la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale,
e come persone di tale specie dovranno essere evitate (evitari) ed escluse da
ogni umana consolazione. 4 -
Estinzione della vacanza delle
cariche ecclesiastiche Coloro i quali pretendono di
avere un diritto di patronato (ius patronatus) e di nomina delle persone idonee
a reggere le chiese cattedrali, comprese le metropolitane, patriarcali,
primaziali o anche monasteri ed altri benefici ecclesiastici resisi vacanti a
seguito di tali privazioni (per privationem huiusmodi vacantia), affinchè‚
non siano esposti agli inconvenienti di una diuturna vacanza (vacationis), ma
dopo averli strappati alla servitù degli eretici, siano affidati a persone
idonee a dirigere fedelmente i popoli nella via della giustizia, dovranno
presentare a Noi o al Romano Pontefice allora regnante, queste persone idonee
alle necessità di queste chiese, monasteri ed altri benefici, nei limiti di
tempo fissati dal diritto o stabiliti da particolari accordi con la Sede,
altrimenti, trascorso il termine come sopra prescritto, la libera
disposizione, delle chiese e monasteri, o anche dei benefici predetti, sia
devoluto di pieno diritto a Noi od al Romano Pontefice suddetto. 5 -
Pene per il delitto di favoreggiamento delle eresie. Inoltre, incorreranno nella
sentenza di scomunica «ipso facto», tutti quelli che scientemente (scienter)
si assumeranno la responsabilità d’accogliere (receptare) e difendere, o
favorire (eis favere) coloro che, come già detto, siano colti sul fatto, o
confessino o siano convinti in giudizio, oppure diano loro attendibilità (credere)
o insegnino i loro dogmi (eorum dogmata dogmatizare); e siano tenuti come
infami; né siano ammessi, né possano esserlo (nec admitti possint) con voce,
sia di persona, sia per iscritto o a mezzo delegato o di procuratore per
cariche pubbliche o private, consigli, o sinodi o concilio generale o
provinciale, né conclave di cardinali, né alcuna congregazione di fedeli od
elezione di qualcuno, né potranno testimoniare; non saranno intestabili, né
chiamati a successione ereditaria, e nessuno sarà tenuto a rispondere ad essi
in alcun affare; se poi abbiano la funzione di giudici, le loro sentenze non
avranno alcun valore e nessuna causa andrà portata alle loro udienze; se
avvocati il loro patrocinio sia totalmente rifiutato; se notai, i rogiti da
loro redatti siano senza forza o validità. Oltre a ciò, siano i chierici
privati di tutte e ciascuna delle loro chiese, anche cattedrali,
metropolitane, patriarcali e primaziali, delle loro dignità, monasteri,
benefici e cariche ecclesiastiche (et officiis ecclesiasticis) in
qualsivoglia modo, come sopra riferito, dalle qualifiche ottenute anche
regolarmente, da loro come dai laici, anche se rivestiti, come si è detto,
regolarmente delle suddette dignità, siano privati «ipso facto», anche se in
possesso regolare, di ogni regno, ducato, dominio, feudo e di ogni bene
temporale posseduto; i loro regni, ducati, domini, feudi e gli altri beni di
questo tipo, diverranno per diritto, di pubblica proprietà o anche proprietà
di quei primi occupanti che siano nella sincerità della fede e nell’unità con
la Santa Romana Chiesa sotto la nostra obbedienza o quella dei nostri
successori, i Romani Pontefici canonicamente eletti. 6 -
Nullità della giurisdizione ordinaria e
pontificale in tutti gli eretici. Aggiungiamo che, se mai dovesse
accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di
arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di Romana Chiesa, come
detto, od un legato, oppure lo stesso
Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua
elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse
caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo
suscitato), sia nulla, non valida
e senza alcun valore (nulla, irrita et inanis existat), la sua promozione od elevazione, anche se
avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali;
neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica,
della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e
dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione (adoratio)
dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per
il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica,
né essa potrebbe in alcuna sua parte
essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire
una facoltà nulla, per amministrare (nullam ... facultatem) a tali persone
promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come
cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma
difettino di qualsiasi forza (viribus careant) tutte e ciascuna (omnia et
singula) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad
esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto (nullam
prorsus firmitatem nec ius), e le persone stesse che fossero state così
promosse od elevate, siano per il
fatto stesso (eo ipso) e senza
bisogno di una ulteriore dichiarazione (absque aliqua desuper facienda
declaratione), private (sint privati) di ogni dignità, posto, onore, titolo,
autorità, carica e potere (auctoritate, officio et potestate). 7 - La
liceità delle persone subordinate di recedere impunemente dall’obbedienza
e devozione alle autorità deviate dalla fede. E sia lecito a tutte ed a
ciascuna delle persone subordinate a coloro che siano stati in tal modo
promossi od elevati, ove non abbiano precedentemente deviato dalla fede, né
siano state eretiche e non siano incorse in uno scisma o questo abbiano
provocato o commesso, e tanto ai chierici secolari e regolari così come ai
laici (quam etiam laicis) come pure ai cardinali, compresi quelli che
avessero partecipato all’elezione di un Pontefice che in precedenza aveva
deviato dalla fede o fosse eretico o scismatico o avesse aderito ad altre
dottrine, anche se gli avessero prestato obbedienza e lo avessero adorato e
così pure ai castellani, ai
prefetti, ai capitani e funzionari, compresi quelli della nostra alma Urbe e
di tutto lo Stato Ecclesiastico, anche quelli obbligati e vincolati a coloro
così promossi od elevati per vassallaggio o giuramento o per cauzione, sia
lecito (liceat) ritenersi in qualsiasi tempo ed impunemente liberati dalla
obbedienza e devozione (ab ipsorum obedientia et devotione, impune quandocumque
cedere) verso quelli in tal modo promossi ed elevati, evitandoli (evitare
eos) quali maghi, pagani, pubblicani ed eresiarchi, fermo tuttavia da parte
di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza
da prestarsi ai futuri vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali e
Romano Pontefice canonicamente subentranti [ai deviati]. Ed a maggior confusione di
quelli in tale modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare
l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare, né per
questo, coloro che si sottraggono alla fedeltà ed all’obbedienza verso quelli
che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad
alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere
la tunica del Signore. 8 -
Permanenza dei documenti precedenti e deroga dei contrari Non ostano all’applicabilità
di queste disposizioni, le costituzioni ed ordinamenti apostolici, né i
privilegi, gli indulti e le lettere apostoliche dirette ai vescovi,
arcivescovi, patriarchi, primati e cardinali, né qualsiasi altro disposto di
qualunque tenore e forma e con qualsivoglia clausola e neppure i decreti
anche se emanati «motu proprio» (etiam motu proprio) e con scienza certa
nella pienezza della potestà Apostolica, o promulgati concistorialmente od in
qualsiasi altro modo e reiteratamente approvati e rinnovati od inseriti nel
«corpus iuris», né qualsivoglia capitolo di conclave, anche se corroborati da
giuramento o dalla conferma apostolica o rinforzate in qualsiasi altro modo,
compreso il giuramento da parte del medesimo. Tenute presenti tutte le
risoluzioni sopra precisate, esse debbono aversi come inserite, parola per
parola, in quelle che dovranno restare in vigore (alias in suo robore
permansuris), mentre per la presente deroghiamo tutte le altre disposizioni
ad esse contrarie, soltanto in modo speciale ed espresso (dum taxat
specialiter et espresse). 9 -
Mandato di pubblicazione solenne Affinché‚ pervenga notizia
delle presenti lettere a coloro che ne hanno interesse, vogliamo che esse, od
una loro copia (che dovrà essere autenticata mediante sottoscrizione di un
pubblico notaio e l’apposizione del sigillo di persona investita di dignità
ecclesiastica), siano pubblicate ed affisse sulle porte della Basilica del
Principe degli Apostoli in Roma e della Cancelleria Apostolica e messe
all’angolo del Campo dei Fiori da uno dei nostri corrieri; e che copia di
esse sia lasciata affissa nello stesso luogo, e che l’ordine di
pubblicazione, di affissione e di lasciare affisse le copie sia sufficiente
allo scopo e sia pertanto solenne e legittima la pubblicazione, senza che si
debba richiedere o aspettare altra. 10 -
Illiceità degli Atti contrari e
sanzioni penali e divine Pertanto, a nessun uomo sia
lecito (liceat) infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione,
sanzione, statuto, derogazione, volontà e decreto, né contraddirlo con
temeraria audacia. Che se qualcuno avesse la
presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente
e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo. Data a Roma, in San Pietro,
nell’anno 1559 dall’Incarnazione del Signore, il giorno 15 marzo, IV anno del
Nostro Pontificato. † Io
Paolo Vescovo
della Chiesa Cattolica † Io Giovanni Bellaio, Vescovo d’Ostia † Io
R. Card. di Carpo, Vescovo di Porto e Santa Ruffina † Io
F. Card. Pisano, Vescovo di Tuscolo † Io
Fed. Card. Cesio, Vescovo di Palestrina † Io
P. Card. Vescovo di Albano † Io
R. Card. di Sant’Angelo Penitenziere Maggiore † Io
T. Card. Crispo † Io
Fulvio Card. di Perugia † Io
Michele Card. Saraceno † Io
Giovanni Card. di San Vitale † Io
Giovanni Card. Pozzo † Io
Gerolamo, Card. di Imola † Io
B. Card. di Trani † Io
Diomede, Card. d’Ariano † Io
Scipione, Card. di Pisa †
Io Card. Reumano † Io
Antonio, Card. di San Pancrazio † Io
Taddeo, Card. Gaddo † Io
Virgilio Card. di Spoleto † Io
F. Michele Card. Alessandrino † Io
Clemente Moniliano, Card. di Santa Maria in Ara Coeli † Io
G. Asc., Diacono Card. Camerario (Camerlengo) † Io
N., Card. di Sermoneta † Io
Giacomo Card. Sabello † Io
Gerolamo, Card. di San Giorgio † Io
Innocenzo, Card. del Monte † Io
Luigi, Card. Cornelio † Io
Carlo, Card. Carafa † Io
Alfonso, Card. di Napoli † Io
Vitellio, Card. Vitelli † Io
Giovanni Battista, Card. consigliere. |
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