BOLLA PAOLO IV

 

LA BIOGRAFIA DI PAPA PAOLO IV

 

 


Papa Paolo IV, Giovanni Pietro Carafa nacque a Napoli il 28 giugno 1476, dall'illustre famiglia dei Carafa. Ricevette un'educazione raffinata presso suo zio a Roma, il Cardinale Oliviero Carafa, diventando profondo conoscitore di greco ed ebraico. Stabilì corrispondenza con noti pensatori della sua epoca, tra cui Erasmo, il quale si rivolse a lui per la traduzione in latino dei testi originali ebraici e greci della Sacra Scrittura. Fu rispettato sia per la sua gran cultura sia per il carattere dimostrato nel condurre vita illibata nella corte mondana d'Alessandro VI, dove servì, durante i suoi studi, come cameriere pontificio.

Rivelò la sua notevole formazione letteraria, teologica e giuridica con un'eloquenza di stampo ciceroniano che gli aprì la via ad ogni grado della gerarchia. Divenne un provetto avvocato, fu consigliere di papi, Nunzio Apostolico in Spagna ed in Inghilterra. Fu nominato vescovo di Chieti e come tale, diede l'esempio - edificante per il suo tempo - di risiedere ed esercitare il suo ministero nella propria diocesi. Clemente VII lo autorizzò poi a rinunciare a questa diocesi, per fondare con San Gaetano di Thiene la Congregazione dei Teatini, la cui finalità era la lotta contro le eresie attraverso la predicazione e la semplicità della vita. Ne divenne il primo superiore. Nel 1536 fu elevato da Paolo III alla dignità di Cardinale Arcivescovo di Napoli e membro della Commissione per la Riforma della Chiesa. Il Cardinale Gaspare Contarini che la presiedeva aveva un progetto di riforma noto come "Consilium de emendanda Ecclesia", in cui confluivano le influenze d'Erasmo da Rotterdam, del neo-platonismo di Marsilio Ficino e persino la mistica eterodossa degli "Alumbrados". Egli aspirava ad una Chiesa spiritualizzata avversa alla scolastica e al formalismo giuridico. Anticipando così il moderno carismatismo aperto ad un luteranesimo pacifista. A tale tendenza d'unità ecumenica transigente in materia dottrinale aderirono i Cardinali Reginald Pole e Giovanni Morone, legati a circoli umanistici frequentati anche da Aonio Paleario, Pier Paolo Vergerio e Pietro Carnesecchi, condannati poi com'eretici.

Essendo rimasto senza esito a Ratisbona nel 1541 il tentativo del Contarini per una riconciliazione con i Protestanti, sulla base della "doppia giustificazione", il Cardinal Carafa, apertamente contrario ai compromessi dottrinali e fautore della vera riforma, prese la via delle misure forti contro l'eresia a Napoli, riattivando il Tribunale della Santa Inquisizione e stabilendo la censura nel 1543. I suoi avversari lo accusarono d'eccessivo zelo, ma così non la pensò Giulio III che, nel 1550, lo volle al Sant'Uffizio come uno dei sei grandi inquisitori e nel 1553 lo nominò Decano del Sacro Collegio con il titolo di Cardinale vescovo d'Ostia.

Il Cardinale Carafa era conosciuto come indefesso nemico dello spirito del mondo e del suo umanesimo, ispiratore del Rinascimento che ebbe per componenti il soggettivismo umanistico che aprì la strada al liberalismo e la riscoperta dell'antico paganesimo, cause della reazione protestante.
Nel conclave del 1555 per la successione di Marcello II, in mezzo alle divisioni e difficoltà, il Cardinal Farnese, tra l'altro grande umanista, esclamò: "Eleggiamo dunque Carafa, il santo e venerando seniore del Collegio Cardinalizio, che è degno del papato".

Aveva allora settantanove anni e fu eletto malgrado ciò sembrasse impossibile, perché era impopolare presso i Francesi e non gradito da parte del partito spagnolo-imperiale fedele a Carlo V. Fu eletto Papa il 23 maggio 1555, e prese il nome di Paolo IV. Papa Carafa fu un papa tridentino senza compromessi, che ebbe per obiettivo centrale del suo pontificato, la lotta alle eresie e una vera riforma della Chiesa a cominciare dallo stile di vita mondano della Corte papale. Rinnovò il Sacro Collegio, combatté la simonia, impose ai vescovi l'obbligo di residenza nelle proprie diocesi, disciplinò i religiosi "vaganti", migliorò le scuole di teologia, ristabilì la disciplina monastica, riattivò il Tribunale dell'Inquisizione.

Pubblicò la la Bolla "Cum nimis absurdum" con la quale prese severe disposizioni in merito agli ebrei che abitavano negli stati cattolici.Con la lettera Apostolica "Praeclara carissimi" del 20 giugno 1555 espresse già un giudizio negativo sulla validità delle Ordinazioni anglicane.

Cercò di migliorare l'arte sacra evitando per quanto possibile l'indecenza nelle immagini sacre, pur accogliendo le nuove tecniche dell'arte rinascimentale. Questo suo zelo non sconfinò mai nel rigorismo, eccesso tipico che caratterizzò invece il Protestantesimo. Affidò, infatti, all'ormai anziano Michelangelo Buonarroti, l'incarico di costruire la cupola di San Pietro opera ammirata ancora ai giorni nostri per grandiosità e bellezza.
Paolo IV incrementò il culto e la devozione Eucaristica. Denunciò, inoltre, come illecita la "Pace di Augusta" che poggiava su un compromesso immorale perché metteva in causa la vera libertà della Religione secondo l'infausto principio "cuius regio eius et religio".

Il Papa preferì combattere le eresie attraverso commissioni e Congregazioni romane sotto la sua direzione. Non riaprì il Concilio di Trento sospeso dal 1552, perché aveva intuito che nemici della Chiesa si erano infiltrati nel suo stesso seno e cercò quindi di applicarne le direttive e lo spirito con atti pontifici. Per dedicarsi meglio al campo spirituale commise però l'errore di affidare gli affari temporali ai nipoti e specialmente a Carlo, un condottiero di vita debosciata, che fu nominato Segretario Generale delle Finanze di Stato ed elevato alla porpora per le istanze dei cardinali. Purtroppo, l'ambizione di costui si manifestò in occasione dell'alleanza coi Francesi, voluta dal Papa per allontanare da Napoli il dominio spagnolo. Questo tentativo fallì e nell'agosto del 1557 il Duca d'Alba minacciava di invadere Roma. Dopo un'inchiesta sull'operato e sull'abuso di potere dei nipoti, Paolo IV non esitò a cacciarli da Roma. Ciò nonostante i nemici lo accusarono di nepotismo. Papa Carafa morì santamente cantando ad alta voce il Salmo 121 che esordisce con le parole "Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: In domum Domini ibimus". Le sue riforme preservarono nella Chiesa l'integrità della fede e del culto, seguì al suo pontificato un periodo di papi virtuosi. Si dimostrò così colto e santo che San Pio V, suo successore, volle iniziare il processo di canonizzazione e in segno di venerazione per la sua santità, usava le sue vesti e i paramenti liturgici. I cardinali Salviati e Arigone affermarono: "Tutto quanto rimane di fede, religione e culto divino, si deve a Paolo IV". Lo storico Gianbattista Gastaldo scrisse: "Qualcuno lo chiamò Paolo il grande... eminente per la sua cultura e famoso per il suo zelo riguardo la santa fede cattolica, fu considerato come un altro santo sulla Cattedra di Pietro". Nel suo mausoleo fu stato scolpito l'epitaffio: "Castigatore acerrimo d'ogni male e campione senza macchia della fede cattolica".

La Costituzione Apostolica "Cum ex apostolatus officio", pubblicata nel 1559, ultimo anno di vita di Paolo IV, fu attribuita dai nemici a ragioni occulte contro alcuni di cui non si fidava, come l'influente Card. Giovanni Morone, che fece arrestare per sospetto d'eresia. Paolo IV temeva una scalata da parte di cripto-eretici alle posizioni chiave della Chiesa, per questa ragione era lento anche ad assegnare nuovi titolari alle Sedi episcopali rimaste vacanti. Papa Carafa non nascondeva di sentire il dovere di prendere misure draconiane per la situazione molto grave e confusa della sua epoca. Queste ragioni sono esplicitamente enunciate e sono all'origine di diversi atti del suo pontificato. Così l'Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum) e la Bolla "Cum secundum Apostolum" del 16 dicembre 1558, che comminava pene severissime contro i cardinali incorsi in simonia o che avessero intrallazzato con il potere politico per conquistare la tiara, si inseriscono in quest'ottica. Non meravigliano perciò l'odio e le calunnie suscitate dai nemici della fede contro il Papa e alcuni dei suoi atti. Non poteva essere altrimenti per la Bolla "Cum ex apostolatus officio".