SEDEVACANTISMO

 Da

IL NUOVO OSSERVATORE CATTOLICO

ANNO 1999 N. 16

 

 

 

OBIEZIONI AL SEDEVACANTISMO

 

 

L’Istituto Mater Boni Consilii nella persona di don Francesco Ricossa ha dato alle stampe un pamphlet pubblicizzato sull’ultimo numero di Sodalitium n° 49 ed. francese (n° 50 ed. italiana) intitolato: «L’abbé Paladino et la These di Cassiciacum» che critica il libro Petrus es tu?. Tale opuscolo a richiesta è fornito anche in edizione italiana, non ancora disponibile; pertanto la traduzione in lingua italiana delle citazioni dell’opuscolo è stata da noi realizzata.

Don Francesco Ricossa dichiara di volersi limitare a criticare la prima parte in cui si tratta della Tesi di Cassiciacum. Le critiche mosse da don Ricossa, sono molto spesso basate su forzature, strozzature, troncamenti di testi e false interpretazioni, sarebbe quindi, sufficiente leggere il libro stesso per capire le varie argomentazioni. Ciò non vuol dire che in qualche punto il libro non sia riprensibile, ma non nel suo insieme e nelle tesi fondamentali. Il presente articolo non pretende rispondere dettagliatamente a tutte le obiezioni sollevate dall’opuscolo sopra citato; queste troveranno risposta esauriente nella prossima edizione in lingua italiana di Petrus es tu?.

Don Ricossa premette una breve esposizione sulla prima parte del libro che non vuole trattare in exstenso. In questa parte alla pag. 4 dice: «secondo Paladino, in effetti Mons. Lefebvre “malgrado dei propositi molto forti tenuti contro i ‘pontefici conciliari’ non è mai arrivato esplicitamente e pubblicamente alla conclusione che s’impone come l’abbiamo già sottolineato nella parte introduttiva” (pag. 53) con queste parole l’autore (influenzato in questo, almeno parzialmente dalla sua eminenza grigia Louis Hubert Remy) lascia comprendere che ‘implicitamente’ ed ‘in privato’ Mons. Lefebvre era anche lui sedevacantista, iscrivendosi così nella curiosa categoria dei sedevacantisti lefebvristi ».

L’autore successivamente nel n° 50 di Sodalitium, dopo aver esposto la situazione matrimoniale di Remy, afferma: «(…) è il Sig. Remy che ha due mogli che da lezioni ai peccatori pubblici e ai loro parenti. A Louis Hubert Remy dobbiamo riconoscenza, poiché è tra quelli che ci hanno fatto conoscere Padre Guerard des Lauriers, questo ricordo ci ferisce particolarmente, nel vederlo ispirare e pubblicizzare (nel Sodalitium in francese questo termine è tradotto con publier, che vuol dire pubblicare, la traduzione esatta sarebbe stata publiciser. n.d.r) un libro, come quello di don Paladino Petrus es tu? che combatte la Tesi di Padre Guerard». Soprassediamo sull’opportunità di affrontare pubblicamente la situazione privata del Sig. Remy; quel che risulta dalla lettura del testo è che un “bigamo” è l’ispiratore di don Paladino. Ora è vero che di sua propria iniziativa senza ricevere nessun mandato ha pubblicizzato Petrus es tu?, ma non è assolutamente vero che lo abbia pubblicato e soprattutto ispirato. La redazione di questo libro è incominciata ben prima, che Louis Hubert Remy, ne venisse a conoscenza.

Passiamo ora ad esaminare i principali argomenti esposti da don Ricossa.

Una delle prime critiche è la seguente: «È straordinario constatare che l’autore pretende aver “sufficientemente provato” che il Vaticano II “è in rottura con la tradizione bimillenaria della Chiesa” (pag. 23) senza fare una sola citazione – dico bene una sola del Concilio nelle pagine da 10 a 23 a cui dedica questa prova» (pag. 4) Ora come abbiamo detto nel libro la nostra intenzione non era di trattare questa questione, ma solo di dimostrare che alcuni personaggi rappresentativi, che siano pro o contro il Concilio, constatano la rottura del medesimo con la tradizione della Chiesa. Questo vale pure per altri punti del libro che vuol soltanto dimostrare che Giovanni Paolo II e Paolo VI prima di lui, non sono papi e non analizzare dettagliatamente i documenti conciliari e successivi. Questo tipo di analisi è stata fatta già da molte altre pubblicazioni.

Don Ricossa in seguito contesta il fatto che il canonista S. Sipos per “ignoratio elenchi” non abbia contemplato anche il difetto d’intenzione tra le cause di decadenza dal Sommo Pontificato, proponendo come argomento d’autorità il discorso tenuto da Pio XII al 2° Congresso Mondiale per l’apostolato dei laici del 5 ottobre 1957, nel quale il Papa affermava: “Se un laico fosse eletto papa, non potrebbe accettare l’elezione che a condizione di essere atto a ricevere l’ordinazione e disposto a farsi ordinare”. Don Ricossa aggiunge questa riflessione: «Così un laico eletto al papato che rifiutasse internamente di farsi ordinare, sarebbe sicuramente l’eletto del conclave, ma la sua accettazione sarebbe nulla per difetto d’intenzione». (pag.27). Se ci limitiamo alla frase di Pio XII notiamo che si limita a esporre quali sono le condizioni affinché un laico possa ascendere al Supremo Pontificato. Queste condizioni sono che l’eletto sia la materia atta a ricevere la forma del Pontificato vale a dire, che sia maschio e cattolico (1) e che sia disposto a farsi ordinare, se non ci sono queste condizioni, non può accettare il pontificato. “Riguardo alla disposizione o intenzione, essendo di per se qualcosa d’interiore la Chiesa non giudica; ma dal momento che si manifesta all’esterno deve giudicarla”. (2) Poniamo il caso che il laico in questione non avesse intenzione di farsi ordinare nel momento in cui quest’intenzione, prima occulta, si manifestasse, in quel momento sarebbe chiaro che l’elezione era nulla. Non vediamo perché si sostenga che il Sipos abbia ignorato questo caso, poiché parla di perdita del pontificato e la perdita del pontificato può avvenire per i quattro casi segnalati (morte, rinuncia, demenza ed eresia). Dell’ineleggibilità ne parla altrove; l’abbiamo citato nella nota precedente. Per quanto concerne la critica fatta sull’interpretazione da noi suggerita sulla Bolla di Papa Paolo IV “Cum ex Apostolatus officio”, risulta falso quanto affermato da don Ricossa. La Bolla, si applica principalmente all’eletto dal conclave, e questo lo condividiamo, ma non è necessario che questi sia dichiarato “formalmente eretico”. Colui che fosse stato dichiarato formalmente eretico, non avrebbe già avuto voce attiva o passiva all’interno del Sacro Collegio e sarebbe stato espulso da quel consesso. Ma è applicabile anche a chi fosse solo sospetto d’eresia. Un esempio eclatante è quello del Card. Giovanni Morone già incarcerato durante il Pontificato di Papa Paolo IV per sospetto di eresia e considerato ancora una minaccia nel conclave del 1566, per questo motivo il Card. Michele Ghislieri, futuro San Pio V, dovette ricordare la nullità dell’elezione per chi fosse sospetto d’eresia e si presentò al conclave con i documenti concernenti il caso Morone, facendo presente ai membri del Sacro Collegio le direttive enunciate dalla Costituzione Apostolica “Cum ex Apostolatus officio” di Paolo IV. E quindi non venne eletto.

«Essere eretici ed essere dichiarati eretici per P. (don Paladino) è la stessa cosa …» (pag. 6). È vero che bisogna distinguere tra il peccato di eresia e il delitto di eresia. Ora nel caso del papa è sufficiente il peccato di eresia.

Il Conte Mattheus a Coronata O.M.C. afferma: “Eresia notoria. –Certi autori negano questa tesi: non si può ammettere che il Pontefice Romano possa essere eretico. Non si può provare tuttavia, che il Pontefice Romano, come dottore privato, non possa diventare eretico, se nega con pertinacia un dogma definito. Questa impeccabilità non gli è stata promessa mai da Dio. Perciò, Innocenzo III ha ammesso esplicitamente che il caso può succedere. Se veramente il caso accade, per diritto divino, decade dal suo ufficio senza nessuna sentenza, neanche declaratoria. Colui difatti che, apertamente, professa l’eresia si separa dalla Chiesa ed non è probabile che Cristo conservi ad un tale pontefice indegno il suo primato sulla Stessa. Perciò, se il Pontefice Romano professa l’eresia, è privato della sua autorità prima di qualsiasi sentenza che, del resto, è impossibile da portare” (3)

È tutto poi da discutere il “transeamus”, sul fatto che non si possano promuovere monizioni canoniche ad un papa o ad un eletto al pontificato. Se si legge alla voce monizioni nel Dictionnaire de droit canonique (4) ci si imbatte di primo acchito nella frase: “La monizione di cui parla il Codice è un avvertimento indirizzato, dall’Ordinario a un fedele cristiano, chierico o laico, che si trova nell’occasione prossima di commettere un delitto o su chi pesa, dopo un’inchiesta un sospetto grave di colpevolezza” e oltre aggiunge ancora “La monizione può essere provocata sia dal risultato di un’inchiesta, sia per una denuncia, sia per un pubblico rumore (can. 1939)”. A parte che le monizioni sono inviate al fine di prevenire o accertarsi di un delitto, chi può essere, l’Ordinario dell’eletto al Sommo Pontificato, o chi è il superiore di un papa? E qualora si considerasse Wojtyla alla stregua di un semplice vescovo, chi avrà l’autorità su un tale vescovo validamente eletto e consacrato? Secondo il Diritto Canonico solo lo stesso papa e nessun cardinale o vescovo residenziale, se non previe direttive impartite dallo stesso Romano Pontefice. Sull’affermazione della nota 15, in cui si asserisce che Bruno d’Asti vescovo di Segni, l’Abate di Montecassino San Ugo di Grenoble e Guido Arcivescovo di Vienne indirizzarono delle lettere a Pasquale II sulla questione delle investiture, queste non vanno intese come monizioni canoniche “ratione iurisdictionis”, bensì come avvertimenti o monizioni “ratione caritatis”. Se intese in questo senso, varrebbe anche la lettera inviata a firma di Mons. Marcel Lefebvre e Mons. Antonio De Castro Mayer a Giovanni Paolo II nel 1983.

«L’intenzione oggettiva di fare ciò che fa la Chiesa» (pag. 9) Don Ricossa premette che l’autore di Petrus es tu? non sia informato sugli studi inerenti la Tesi. Ammettiamo che sia parzialmente vero, in tutti i casi l’argomento è stato affrontato in modo appropriato. Siamo perfettamente consapevoli della distinzione che esiste tra intenzione oggettiva e soggettiva. L’intenzione oggettiva si manifesta con gli atti propri dell’azione che si ha intenzione di intraprendere. Questo vale per i sacramenti, quanto per qualsiasi atto esterno che implichi un assenso formale. Giustamente Leone XIII afferma che l’intenzione a cui si deve fare riferimento è quella esternamente manifestata (5). È vero che un papa può avere l’intenzione soggettiva e/o oggettiva non conforme al bene della Chiesa, ma non è vero che questa intenzione impedisca a Dio, se l’eletto è materia atta di ricevere il pontificato e se lo accetta, di conferirgli l’autorità. L’assistenza dello Spirito Santo serve proprio a fare in modo che l’azione del papa, malgrado le sue intenzioni eventualmente non rette, possa manifestarsi con  atti ufficiali e supremi conformi alla dottrina cattolica. Don Ricossa proseguendo nella critica dichiara: «Ma (don Paladino) continua: “Inoltre se si dice che l’eletto di un conclave può, a causa della sua cattiva intenzione fare ostacolo all’assistenza dello Spirito Santo promessa a Pietro da Nostro Signore, si ammetterà che l’uomo può condizionare in questo caso l’azione dello Spirito Santo”. Paladino non si accorge che l’eletto del conclave, quando deve accettare l’elezione non è ancora papa (formalmente) e non ha dunque l’assistenza dello Spirito Santo». Se si prende la frase fuori dal suo contesto questa obiezione sarebbe giusta, ma il nostro ancorché abbia precedentemente citato il seguente periodo non ne ha tenuto conto: “Anche se si ammettesse che l’eletto dal conclave non ha l’intenzione oggettiva di procurare il bene della Chiesa, se è cattolico ed accetta il pontificato, riceve immediatamente l’assistenza dello Spirito Santo che gli impedirà di fare ciò essendo nella sua funzione di capo supremo”. (pag. 175) È evidente che nella frase esaminata da don Ricossa vogliamo parlare di un eletto che ha accettato il pontificato, anche se non lo ripetiamo esplicitamente. Si vuole rispondere così alla Tesi, quando afferma che l’eletto dal conclave accettando l’elezione poneva un obex, quindi, tale eletto dopo l’accettazione dell’elezione può porre ostacolo allo Spirito Santo. Il che come così è affermato non può avvenire a meno che non sia papa.

«Materia e forma» (pag. 10) Uno degli enunciati principali della Tesi di Cassiciacum è che Giovanni Paolo II e prima di lui Paolo VI, sarebbero papi solo materialmente. Don Ricossa dice: «Paladino sembra dimenticare che esiste anche la materia seconda (composta da materia prima e dalla forma sostanziale) e la forma accidentale, che sono sicuramente separabili, e che il papato è una forma accidentale, due verità che lui riconosce poco dopo (pag. 175) senza rendersi conto di smentire in questo modo quello che aveva scritto alla pag. 173» (pag. 10). A parte il fatto che alla pagina 173 facciamo esattamente la distinzione tra materia prima e materia seconda, dicendo che la materia prima quando riceve la forma diventa materia seconda. Riguardo poi alla forma accidentale del papato, in quanto tale può essere separata dalla materia seconda. Ma quando questa forma accidentale è separata dalla materia seconda non si può dire che sia questa forma accidentale materialmente. Per venire al nostro caso: il papato è una forma accidentale che può essere separata da un uomo, materia seconda che ha già la forma accidentale di essere cattolico, ma finché la forma del papato è separata significa che questo individuo non è papa. Così come, per riprendere l’esempio proposto nel libro, un dottore non è tale se non ha ricevuto la laurea, al massimo può essere laureando. Don Ricossa alla pagina 13 del suo opuscolo afferma quello che noi abbiamo cercato di dimostrare in più pagine, cioè che Giovanni Paolo II occupa materialmente la Sede di Pietro. Questa non è una tesi, bensì una fatto che non ha bisogno di essere dimostrato. Alla nota 20 don Ricossa dice che noi ammettiamo che il papato è una forma accidentale, (il che è vero) che può sussistere senza la materia seconda (il che non è vero). Se si legge il nostro testo si dice che : “Essere cattolici è una forma accidentale per l’uomo, forma necessaria, evidentemente, per ricevere la forma accidentale del papato”. Finché non ha informato un uomo cattolico la forma accidentale del papato è un puro concetto.

«P. (don Paladino) Sostiene la Tesi di Cassiciacum senza saperlo? e il Conclavismo» (pag. 12) Facciamo notare innanzi tutto che don Ricossa cita Petrus es tu? In maniera a dir poco disinvolta: «L’esitazione di Paladino ha questo proposito (conclavismo) è evidente nella risposta che da all’ottava obiezione: “Se il papa perde il pontificato, si deve fare una nuova elezione. Ci sono molti che dicono che nel caso che ci preoccupa, bisognerebbe procedere ad una nuova elezione. Ciò sembrerebbe difatti, a prima vista, l’unica soluzione.(pag. 192). Ed è infatti l’unica soluzione in una prospettiva totalmente sedevacantista. Paladino inclina visibilmente per essa, ma anche qui l’autorità di Hervé lo trattiene». (pag. 13) Don Ricossa prosegue in nota citando l’ultima frase del nostro passaggio. Il lettore che non conosce il libro, come la maggior parte dei suoi lettori, si riterranno convinti di quel che asserisce don Ricossa. Ma se prendiamo il periodo intero, ci si accorge che vogliamo dire esattamente il contrario di quel che ci viene attribuito. Ecco la citazione intera: “VIII obiezione .Se il papa perde il pontificato, si deve fare una nuova elezione. Risposta. Ci sono molti che dicono che nel caso che ci preoccupa, bisognerebbe procedere ad una nuova elezione. Ciò sembrerebbe difatti, a prima vista, l’unica soluzione. Tuttavia, si deve considerare bene la cosa prima di fare un passo simile - come l’hanno fatto parecchi - per non cadere nel ridicolo e fare dei nuovi falsi papi. A partire dai principi e dai fatti, si può constatare senza dubbio che Giovanni Paolo II non è papa, ma per procedere ad una nuova elezione, occorre, però, una dichiarazione della Chiesa. Questa soluzione è preconizzata dal teologo Hervé che afferma che il papa non può essere giudicato da un concilio, neppure “... a causa di eresia; difatti ammesso che, come persona privata, un pontefice possa diventare eretico pubblico notorio e contumace… per il fatto stesso dell’eresia egli decadrebbe dal potere pontificale,... Allora il concilio (la Chiesa) avrebbe solamente il diritto di dichiarare la sede vacante, affinché gli elettori abituali possano con certezza procedere all’elezione” (Th. dogm. Tomo I pagina 495)”. Come si può dire che l’autore di Petrus es tu? «inclina visibilmente» per il conclavismo quando afferma che ciò sarebbe ridicolo? Evidentemente troncando la citazione

Per venire la conclavismo stesso: come abbiamo sopra evidenziato, la dichiarazione della Chiesa non serve per mettere in mora e l’interpretazione del canonico Hervé non va intesa nel senso voluto dai sostenitori della Tesi, come si è rilevato non necessitano monizioni canoniche per constatare l’eresia di colui che è stato eletto al Sommo Pontificato. Non s’intende pertanto, minimamente suffragare la Tesi di Cassiciacum. Il problema sta nel fatto che nella stesura del libro non si è sottolineato sufficientemente, chi rappresenta la Chiesa in questo stato di vacanza. Si è dimostrato che i modernisti hanno fondato una chiesa che non è più la Chiesa Cattolica, ma non si è detto chi potrebbe rappresentarla in un Concilio imperfetto. Gli elettori abituali citati dal canonico Hervé sono normalmente “ope legis” i cardinali. I teologi nell’eventualità della vacanza della Sede Apostolica e nell’ipotesi in cui i cardinali non compiano il dovere di risolverla, “non c’è dubbio che la Chiesa può provvedere al suo Sommo Pontefice”, insegna il Gaetano, “questo potere è suppletivamente devoluto alla Chiesa ed al Concilio” (5). Il teologo Vittoria afferma: “Tutta la Chiesa deve provvedere” (A tota Ecclesia debet provideri) tale potere è comune e concerne tutta la Chiesa .(7) L’elezione di un Pontefice non è di per sé un atto giurisdizionale, bensì un atto di privilegio, in quanto gli elettori non conferiscono all’eletto alcuna autorità. Nel corso della storia della Chiesa si possono individuare molteplici modi in cui si è provveduto all’elezione del Sommo Pontefice, in quanto non è di diritto divino che siano i cardinali o esclusivamente i vescovi residenziali gli elettori del papa. Al Concilio di Costanza parteciparono per l’elezione di Martino V le delegazioni di varie nazioni, i cui membri non erano sempre rivestiti dell’autorità episcopale e questa non tutte le volte legittimamente istituita. Non vogliamo in questa sede spiegare chi debbano essere i possibili elettori, ma in ogni caso “sic stantibus rebus” tale soluzione è esclusivamente teorica ed ipotetica e praticamente inopportuna, lasciamo quindi alla Divina Provvidenza trovare la soluzione pratica per questo problema. “In ogni caso, la Chiesa e lei sola, e non alcuni fedeli, preti o vescovi, può farlo” diciamo alla pag. 176.

«La visibilità della Chiesa» Molte argomentazioni addotte per replicare alla parte di visibilità della Chiesa, traggono origine dai precedenti paragrafi e non vogliamo, visto lo spazio a disposizione duplicare le risposte. Don Ricossa afferma nella sua critica che durante l’occupazione inglese in Francia esisteva un legittimo re di Francia pertanto, risultano infondati gli esempi citati nel libro. Bisogna premettere che questi esempi sono stati portati come fatti storici analoghi a quello attuale, e come tutti sanno due fatti analoghi sono simili , ma non uguali. In tutti casi giuridicamente una cosa è essere pretendenti ad un trono l’altra l’occuparlo legittimamente. Nel caso della Francia durante l’occupazione inglese, sicuramente c’era un pretendente al trono, ma non era ancora re di Francia e forse senza l’intervento di Santa Giovanna d’Arco, non lo sarebbe mai diventato. Durante il Grande Scisma d’Occidente è vero che c’era un papa legittimo, ma quale era? Come facevano i fedeli ad individuarlo? Quando gli stessi Padri del Concilio di Costanza, affermavano di avere autorità direttamente dallo Spirito Santo: “ad tolledum schisma” (8)Gli stessi Padri di Costanza non riconoscevano alla vigilia dell’elezione di Martino V, sia l’autorità di Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa – linea pisana) sia quella di Gregorio XII (Angelo Correr – linea romana) nonché quella di Benedetto XIII (Pietro de Luna – linea avignonese) che tra l’altro non accettò neppure il Concilio. Solo nel XVII sec. come si è evidenziato in nota 125 di Petrus es tu? si procedette ad iscrivere tra i pontefici legittimi Gregorio XII piuttosto che Giovanni XXIII. Fino a quel momento i canonisti erano più propensi per quest’ultimo; Alessandro VI infatti, adottando quel nome confermava implicitamente la validità dell’elezione di Alessandro V, effettuata dal Concilio di Pisa e predecessore di Giovanni XXIII nell’obbedienza pisana. Quanto alla mancanza di cardinali e vescovi residenziali atti ad eleggere un Sommo Pontefice rinviamo al paragrafo precedente. Quanto poi all’affermazione che l’elezione di un “legittimo” Sommo Pontefice possa provenire esclusivamente dalla “gerarchia materiale” in comunione con Giovanni Paolo II è quantomeno improbabile. Sarebbe come affermare, che l’erede legittimo del trono di Francia possa provenire esclusivamente dal voto dell’assemblea dei deputati, perché questi occupano il posto, che dovrebbe occupare il legittimo re di Francia. Su questo argomento vale la pena richiamare quanto dichiarato da Leone XIII nell’enciclica “Satis cognitum”: “Cum absurdum sit opinari, qui extra Ecclesiam est, eum in Ecclesia praeesse”. Non si vuole con ciò escludere che qualche anziano vescovo eletto e consacrato sotto il pontificato di Pio XII, che non abbia accettato il “Vaticano II”, possa intervenire, ma questo non influisce sul principio generale.

«È troppo tardi per la fine del mondo!» (pag. 17) Come si noterà della lettura in capite della risposta a questa obiezione riportata dallo stesso Ricossa, questa è una semplice ipotesi. Ma don Ricossa non dice che abbiamo citato quattro papi, da San Pio X a Pio XII, che si pongono la stesso questione, dicendo appunto che le cose stanno andando talmente male che ci si può domandare se siamo veramente prossimi alla fine del mondo. Se questa questione è stata posta da dei Papi più di mezzo secolo fa, ce la possiamo porre noi al giorno d’oggi. Dire poi che siamo in ritardo di trenta o quarant’anni (1958 o 1963) ha poco senso. È normale che nei tempi della fine del mondo ci sarà un periodo in cui la Chiesa parrà come annientata, per il trionfo temporaneo dell’Anticristo.

«La successione Apostolica e la permanenza materiale della gerarchia» (pag. 18) L’equivoco in cui incorrono don Sanborn e don Ricossa, consiste nel fatto di ritenere come successione apostolica materiale, il solo succedersi di vescovi su una determinata Sede episcopale ininterrottamente. Questo, può esclusivamente valere per la Sede di Pietro o per le Sedi direttamente fondate dagli Apostoli e anche per queste sedi sono esistiti lunghi periodi di vacanza. (9) Per tutte le altre sedi questo non è concepibile, in quanto non essendo di origine apostolica hanno avuto un inizio in un tempo determinato e risalendo a ritroso, si giunge, appunto, ad un inizio. Si prenda come tipico esempio l’origine della Chiesa Americana. I teologi hanno sempre inteso come successione apostolica materiale, la comunicazione dei poteri da consacratore in consacrato fino a risalire agli Apostoli e non come esclusiva occupazione di un soglio episcopale. Ecco quel che afferma l’abbé Bergier : “I teologi cattolici sostengono contro i protestanti che l’ordinazione stabilisce tra i Pastori della Chiesa una successione costante, in modo che il carattere, i poteri e la giurisdizione del predecessore passino e siano comunicati senza alcuna diminuzione al successore (…) così gli Apostoli hanno trasmesso ai vescovi e pastori che loro hanno ordinato, il loro carattere, i loro poteri, la loro giurisdizione sui greggi che avevano radunato e sulle chiese che avevano fondato” e successivamente aggiunge ancora parlando dei protestanti: “È evidente che questi nuovi dottori, facendo scisma con la Chiesa Cattolica e negando la missione ed il carattere dei loro pastori e rifiutando l’ordinazione, hanno rotto la catena della successione e del ministero apostolico” (10) La successione apostolica materiale deve essere intesa come successione ininterrotta del potere episcopale trasmesso dagli Apostoli ed il conseguente nudo possesso di una sede episcopale. Nel caso si abbia esclusivamente solo la successione materiale questa è sinonimo di illegittimità.

Nel n° 48 di Sodalitium, alla pag. 24 don Sanborn nel suo articolo “Il papato materiale” propone addirittura uno schema in cui distingue la successione apostolica materiale in illegittima e legittima definendo la prima come nudo possesso della sede senza elezione canonica ed attribuendola agli scismatici orientali e definendo la seconda nudo possesso con elezione canonica attribuendola alla gerarchia del Novus Ordo. Come abbiamo fatto notare nel libro non è possibile fare questa distinzione poiché la successione apostolica illegittima è sinonimo di successione solo materiale .

Quanto affermato da don Ricossa è quindi, falso, gli Anglicani ancorché abbiano il possesso di seggi episcopali, non hanno alcuna successione apostolica materiale, in quanto hanno rotto la catena che li collega agli Apostoli, si veda Leone XIII “Apostolicae curae et caritatis”. (11): “… è stato introdotto, sotto il re Edoardo VI, un rito completamente nuovo per il conferimento degli ordini sacri. Che per questo motivo sia venuto meno il vero sacramento dell’ordine così come lo ha istituito Gesù Cristo, e contemporaneamente la successione gerarchica …” L’attuale “arcivescovo” di Canterbury non può essere, pertanto, considerato il successore materiale di Sant’Agostino o di Sant’Anselmo. Gli Ortodossi, invece, conservano la successione materiale benché scismatici. Affermare che Giovanni Paolo II possegga la successione apostolica materiale può essere vero, in quanto validamente consacrato, ma questo evidenzia piuttosto la sua illegittimità mentre la maggior parte dei “vescovi” attuali non possiede neppure questo tipo di successione in quanto le nuove ordinazioni devono essere considerate invalide per i forti dubbi sollevati sul nuovo rito. Molto presto avremo esclusivamente “vescovi” residenziali che non avranno neppure il carattere episcopale, ma avranno secondo la Tesi la successione apostolica materiale e quindi, il potere di promuovere monizioni canoniche (sic). Tutta questa montatura ha l’unico effetto di voler conservare dei possibili elettori (abituali) di un legittimo papa. Come abbiamo spiegato nel precedente paragrafo questi possono cambiare per fatti contingenti, tempi o luoghi. Forse è stata creata una nuova chiesa quando gli Imperatori dell’Impero d’Oriente o del Sacro Romano Impero scelsero o imposero direttamente il Sommo Pontefice al posto del clero e del popolo di Roma? Sono i modernisti che con i loro atti, i loro riti e la loro professione di fede hanno costruito una nuova chiesa, che è sempre più simile a quella degli Anglicani, priva di successione apostolica legittima e neanche materiale.

Don Ricossa trattando la questione della successione apostolica afferma: «Sette degli autori citati da don Sanborn nel n° 46 di Sodalitium (ed. francese) sembrano considerare come equivalenti la successione apostolica materiale e la successione illegittima (…) Paladino ha dunque ragione di scrivere: “È dunque evidente che la successione materiale e la successione illegittima sono la stessa cosa, come sono la stessa cosa successione formale e successione legittima (pag. 187)”? Dobbiamo rispondere categoricamente no. Effettivamente colui che ha il possesso della successione apostolica formale ha anche il possesso della successione apostolica materiale (senza la seconda non può esserci la prima) se la frase di Paladino che è stata appena citata fosse corretta, questi successori degli Apostoli sarebbero allo stesso tempo successori legittimi ed illegittimi il che è assurdo. Bisogna concludere come lo sostengono gli altri autori citati (…), per se la successione materiale non si identifica per nulla con la successione illegittima, ma significa soltanto possesso della sede senza autorità» (pag. 21). A questa critica bisogna innanzi tutto rispondere che gli autori citati da don Sanborn non “sembrano considerare”, ma considerano “com’equivalenti la successione apostolica materiale e la successione illegittima”. (12) Inoltre gli autori citati da don Ricossa nell’ultima parte non precisano ciò in maniera esplicita, ma è chiaro dal contesto che anche per loro questo possesso della sede senza autorità è illegittimo. Per venire poi alla citazione ripresa da Petrus es tu? Anche qui si può notare che don Ricossa cita in malo modo il testo. Dal contesto si capisce benissimo che s’intende parlare di successione apostolica materiale senza la formale, ma quel che vi è di più, è che esattamente quattro righe prima della frase riportata da don Ricossa, si afferma: “Bisogna ricordarsi che la sola successione materiale esclude la legittimità, come lo notano così bene questi autori. Non può esistere una successione materiale legittima; se la successione è soltanto materiale è necessariamente illegittima” (pag. 187). Queste citazioni sono riportate da don Ricossa prima di quest’ultima, lasciando il lettore con l’impressione che tutta l’argomentazione sia assurda. Per don Ricossa la successione apostolica materiale s’identifica esclusivamente con il nudo possesso di una sede senza autorità. Ma conditio sine qua non perché possa sussistere questo tipo di successione come ha evidenziato De Groot ed altri autori è l’ordinazione valida. È piuttosto questo che fa in modo che possa esistere la successione apostolica materiale, ma questa materialità non va intesa nel senso di papa materialiter, in quanto il papato è un potere di giurisdizione e non di ordine, come si è ben fatto notare in Petrus es tu?. Don Ricossa ci accusa di non aver compreso la citazione del Padre Goupil, che tratta della successione apostolica e sembra dare a nostro avviso una buona spiegazione: «Notiamo che questa successione formale ininterrotta deve intendersi moralmente, e come lo comporta la natura delle cose: successione di persone, modo elettivo come l’ha voluta Cristo e l’ha intesa tutta l’antichità cristiana. Questa perpetuità non esige, dunque, che tra la morte del predecessore e l’elezione del successore non ci sia nessun intervallo, neppure che in tutta la serie dei pastori nessuno abbia potuto essere dubbio; ma “si intende con ciò una successione di pastori legittimi tale che la sede pastorale, anche vacante, anche occupata da un titolare dubbio, non possa essere reputata realmente caduta in estinzione; cioè ancorché il governo dei predecessori perseveri sempre virtualmente in vigore nel diritto della sede e sia sempre riconosciuto, e che sia sempre esistita la preoccupazione di eleggere un successore” (Ch. Antoine, De Eccl.)» (L’Eglise, 1946 pp.48-49). Don Ricossa afferma che questa citazione va piuttosto nel senso della Tesi che nel nostro senso. Avevamo ben visto la difficoltà che insorgeva. Con questa citazione volevamo soltanto far notare che poteva esserci una interruzione tra un predecessore ed un successore. Goupil come molti altri autori non poteva immaginare la situazione attuale. Quando parla della preoccupazione di eleggere un successore intende sicuramente che ci siano degli elettori legittimati a farla e non degli elettori “materiali”. È vero che con la nostra soluzione permangono delle perplessità, ma è altresì vero che con la loro soluzione le perplessità si moltiplicano. In tutti i casi si tratta di una situazione completamente anomala. Bisogna notare infine, che la Chiesa quando incontrò situazioni difficili non si soffermò troppo sui formalismi teologici e giuridici, ma procedette per le vie brevi alla loro soluzione. Se i Padri riuniti nel Concilio di Costanza avessero disquisito troppo sulla legittimità delle tre obbedienze, saremmo ancora con tre papi.

«Don Paladino nemico involontario del “sedevacantismo”» Praticamente saremmo dei nemici del “sedevacantismo”… perché non condividiamo e ci opponiamo alla Tesi di Cassiciacum. Ora don Ricossa afferma che i seguaci della Tesi «sono d’accordo su un punto essenziale (…) il Soglio di Pietro, almeno dal 1965 non è più occupato da un Pontefice legittimo» (pag. 23). Cosa significa questa affermazione? I seguaci della Tesi hanno cercato in tutti i modi di dimostrare che questa permanenza materiale di Montini o Wojtyla ha pure lo scopo di conservare elettori abituali, pertanto, legittimi almeno materialmente, ed aventi titolo per procedere ad una prossima elezione. Mons. Guerard des Lauriers, afferma tra l’altro: “(…) il carisma dell’infallibilità appartiene alla persona fisica del papa; e l’esercizio ne è assicurato, se le condizioni precisate da Pastor Aeternus sono realizzate. Il papa che è solamente materialiter è a questo proposito realmente papa. Fruisce del carisma, se lo esercita nelle condizioni richieste qualunque sia l’intenzione o l’assenza di intenzione che non concerne il suo esercizio. Tale è la prima parte dell’alternativa: se l’Autorità è essa, è positis ponendis, infallibile. Paolo VI non l’ha confermata, ma non l’ha neppure infirmata” altrove il vescovo domenicano dichiara: “(…) tuttavia resta materialmente papa e in questo senso è il nostro Pontefice occupante di diritto il Soglio Apostolico” (13). L’autore della Tesi afferma ancora altrove che questa permanenza assicura la continuità ed certo bene della Chiesa (14). Come abbiamo visto don Sanborn afferma sulla linea di Mons. Guerard nel citato n° 48 di Sodalitium, che la gerarchia del Novus Ordo è materiale legittima con elezione canonica. Ci si chiede allora a che gioco giochiamo? Qui visibilmente don Ricossa cade in contraddizione con Mons. Guerard e don Sanborn. O la gerarchia del Vaticano II è illegittima come sostengono i sedevacantisti; o è legittima come sostiene la Fraternità San Pio X, ma non può essere che sia solo materiale e allo stesso tempo legittima come sostengono i sostenitori della Tesi.

 

Don Francesco Maria Paladino

NOTE

 

(1) s. sipos, Enchiridion iuris canonici, Pecs, 1940 p.187 «Sono eletti invalidamente le donne, i bambini, i dementi, i non battezzati, gli eretici e gli scismatici».

(2) leone XIII, Lettera Apostolica Apostolicae curae et caritatis, del 13 settembre 1896, in Acta Leonis XIII Vol. XVI.

(3) Mattheus a Coronata O.M.C., Institutionis iuris canonici, Vol. I, Marietti Torino 1928, p.367.

(4)DICTIONNAIRE DE DROIT CANONIQUE (D.D.C.), Tomo VI, Parigi 1953, col. 938 – 940.

(5)LEONE XIII,. Lettera Apostolica. cit.

(6)TOMMASO DE VIO detto il GAETANO, De comparatione auctoritatis Papae et Concilii, c. 13, c. 28.

(7) Francesco de VIcTORIA, De potestate Ecclesiae recolectio, 18

(8) T. ZAPELENA S.J., De Ecclesia Christi, Vol. II, Roma 1954, p. 115.

(9) DICTIONNAIRE APOLIGETIQUE DE LA FOI CATHOLIQUE, Tomo I, Parigi 1914, col. 1283 1284. «Questa nota della successione apostolica è diversamente concepibile, secondo se si tratti di successione materialmente continuativa (senza altro indizio) o di successione attestata come legittima. Nel primo caso, la successione apostolica sarà solo una nota negativa, che permette di escludere tutte le chiese che non posseggono dopo gli Apostoli la successione materialmente continuativa dei suoi pastori. Nel secondo caso, la successione apostolica sarà una nota positiva, che permette di riconoscere per unica e vera Chiesa di Cristo quella che stabilisce un carattere legittimo della successione dei suoi pastori dopo gli Apostoli. (…) Conseguentemente nelle Chiese locali, la successione apostolica, dei vescovi sarà materialmente continuativa, al momento in cui risalendo da titolare in titolare di quella sede si risalirà agli Apostoli. Ci sarà quindi in questo modo, l’origine direttamente apostolica. Se la sede è stata fondata direttamente dagli Apostoli. Diversamente ci sarà un origine indirettamente apostolica (tramite il consacratore unico legame con l’apostolicità) se la sede non è stata fondata dagli Apostoli».

(10) BERGIER, Dictionnaire de Theologie, Vol. 7, Parigi 1834, pp.438 – 440; DICTIONNAIRE DE THEOLOGIE CATHOLIQUE, (D.T.C.) Vol. I, Parigi 1920, col. 1625.: «(…) ciò che spiega gli sforzi disperati degli anglicani, per sostenere la validità delle loro ordinazioni, condizione necessaria, ma non sufficiente della successione legittima, nonostante ciò per la continuità, malgrado lo scisma»

(11) J.V. DE GROOT O.P., Summa Apologetica de Ecclesia Catholica, I pars, Ratisbona 1890, p. 193; “Ecclesia dicitur apostolica si a) per legitimam pastorum successionem, b) ab apostolis numquam interruptam, c) in identitatae doctrinae, sacramentorum et regiminis continuatur (…) Ad legitimam pastorum successiome requiritur 1° ordinatio valida; 2° missio legitima ab iis, qui apostoli successerunt”- La Chiesa è detta apostolica se, a) per la legittima successione dei pastori, b) dagli Apostoli mai interrotta c) continuata con la stessa dottrina, sacramenti e governo, (…) Per la legittima successione è richiesta 1) l’ordinazione valida, La missione legittima da quelli che succedettero agli Apostoli.-

(12) Ibidem, I pars p. 156 “Legitima sit, ut habeatur successio formalis non mere materialis” - Affinché (la Successione Apostolica) sia legittima è necessario che sia una successione formale e non soltanto successione materiale. L’affermazione non lasca adito a dubbi.

(13) Cahiers de Cassiciacum, Vol. I dell’11 febbraio 1979, p. 11;Ibidem Vol. I, p.37; B. Lucien, La situation actuelle de l’Autorité dans l’Eglise , Nizza 1985, p. 28 “In queste condizioni l’affermazione l’occupante il soglio Apostolico resta papa materialmente s’impone non solamente di fatto (…) ma di diritto”.

(14) Ibidem. p. 168: “Notiamo infine che questa permanenza materiale della gerarchia ed in particolare del papa, è un segno dell’assistenza che Nostro Signore continua a comunicare alla Chiesa. Ciò spiega che ‘l’autorità’ possa di fatto contribuire a produrre dei certi effetti conformi al Bene della Chiesa, come l’affermazione dei principi della Fede o della morale e la condanna delle persone che propagano l’eresia, pur restando colpiti dallo scisma capitale che impedisce loro di essere l’Autorità”. Citato alla nota 133 di Petrus es tu?